
In questi giorni abbiamo ricevuto decine e decine di messaggi di concorrenti da tutta Europa con parole di supporto e affetto per tutto il Team S1 in seguito al catastrofico incendio sul Carso. In molti ci chiedono se stiamo bene e quali sezioni del percorso siano state interessate dall’incendio.
Noi tutti viviamo il Carso come un qualcosa di nostro, anzi, di proprio, “Mio Carso” , “Moj Kras”, quindi ha poco senso parlare di quali sezioni del tracciato di gara siano state interessate. Un paio di km sulla 164 km, tanto per liquidare la domanda. Noi fortunatamente stiamo bene, ma siamo feriti nell’anima ed alcuni dei nostri volontari sono stati in prima linea nel fronteggiare questa catastrofe. A Udine in questi giorni, purtroppo, lottando il fuoco, è venuta a mancare una volontaria della Protezione Civile.
All’inizio è apparso un fungo di fumo bianco e rossastro, che tanto ricordava un’esplosione atomica.
Subito dopo un’atmosfera pesante e un’aria irrespirabile, con uno strato di cenere nel Monfalconese.
Immagini e sensazioni che hanno segnato tutti e ricorderemo per tutta la vita.
La colonna di fumo il primo giorno si stagliava sul cielo azzurro, sovrastando la vegetazione smeraldina ed il mare turchese, per poi pian piano scendere, fino a collassare e avvolgere tutta l’area in una coltre pesante e pestifera.
Un tramonto apocalittico, dove la cenere ed il fumo venivano riaccesi dai riflessi del sole, trasformando lo spettacolo del sole che tramonta sul Golfo di Trieste in un macabro monito. Un’atmosfera pesante, cupa e lontana da ogni speranza, quasi a rievocare le suggestioni di Blade Runner.
Passa la notte. Il sole sorge e pian piano l’aria torna ad essere chiara, respirabile. La nube di dissolve. I Canadair e gli elicotteri cessano la spola continua dal Golfo di Trieste al Carso.
Rocce bianchissime si stagliano su un letto di cenere nera, illuminate dai raggi del sole, che finalmente riesce a bucare la nube mortale.
Gli scheletri dei nostri pini neri e del sommaco rimangono in piedi, anneriti in istantanee di un ultimo grido di dolore della nostra terra, delle piante, degli animali e dell’anima del Carso.
Uno scenario che ci catapulta indietro di più di cent’anni, alla Grande Guerra, quando il Carso, bagnato solo dal sangue e dalla sofferenza, era proprio come appare oggi.
Il dolore è enorme, ma la risposta è stata forte e con una voce unica. Centinaia di pompieri e volontari della Protezione Civile Italiana e Slovena hanno lavorato insieme. Associazioni di volontariato, privati e istituzioni hanno combattuto questa battaglia insieme.
Quello che possiamo fare è scrivere queste parole rivolgendoci a tutti voi che avete corso la Corsa della Bora e avete mandato parole di stima, preoccupazione e supporto da ogni angolo d’Europa, ringraziandovi e girando il vostro affetto e gratitudine ai veri eroi di questi giorni, quelli che hanno combattuto questa guerra in prima linea, ringraziandoli non solo a nome nostro, ma anche a nome vostro. Grazie.
Questa tragedia ci ha violentemente ricordato come tutto quello che diamo per scontato, da un momento all’altro può essere distrutto.
Questi momenti di dolore ed adrenalina che ci hanno fatto trovare coesione e unità, ci facciano mantenere sempre accesi l’amore ardente per la nostra terra ed il desiderio di collaborare con un fine comune ed uno scopo: difendere uniti la bellezza del nostro pianeta e della vita, l’unico fuoco che non spegniamo.
foto: ilgoriziano.it, Facebook: Anna Cisint, Gattolandia Cividale, Sei di Duino se, Fulvio Pav, Protezione Civile Duino Aurisina, Vladi Pupo Mevric, Koca Trstelj